Discreto, curioso, lento e sospeso Germano Sartelli si muove tra le sue sculture e il disordine delle piante che stanno trasformando in bosco la vecchia aia della sua casa-studio. Lo sguardo è attento e divertito, le frasi brevi, sagge e serene, un guizzo sornione accompagna un giudizio critico acuto, non feroce ma per nulla indulgente e rompe il clima di idillio agreste a cui ti eri per un momento, per errore e per pigrizia, abbandonato. Ti mostra una scultura non ancora terminata, nelle sue parole c’è la voglia di continuare il lavoro interrotto, di riprendere a sperimentare e inventare, di vedere cosa “verrà fuori” facendo perché, dice, è così che si fa, è così che le opere nascono.
E’ impossibile davanti ai lavori compiuti di Sartelli, mentre si osservano forme e superfici, non sovrapporre l’immagine del “personaggio” e la capacità di farti partecipe con intelligente e acuta spontaneità del suo percorso mentale, della sensibilità e intensa vitalità artistica che lo animano, del suo approccio artigianale al lavoro dell’arte. Un approccio tutt’altro che sprovveduto e improvvisato ma di una naturalezza colta, raffinata e sapiente.
E’ quanto restituiscono i suoi segni sottili e misteriosi a volte fluenti e morbidi, più spesso spezzati, guizzanti e carichi di energia, e le sue sculture fatte di grovigli, di piccoli frammenti o di potenti lamiere tese in composizioni di forte valore materico e spaziale. E’ quanto troviamo da tempo nelle opere di Sartelli dalle prime produzioni degli anni cinquanta fino agli ultimi lavori con carte lavorate presentati nel 2001 e da cui hanno tratto spunto le realizzazioni in ceramica dei palinsesti. Qui erosioni, accumuli, strappi e sovrapposizioni sono gli elementi del linguaggio usato da Sartelli, uniti alla incoercibile capacità di attingere al mondo degli oggetti buttati, a ciò che è già stato usato ed ora è accantonato. Questo avviene con gli oggetti e i materiali in cui più forti sono le tracce lasciate dal passaggio del tempo e dell’abbandono – come i bidoni e le lattine distorti e corrosi dalla ruggine a cui Sartelli sta ora lavorando -, ma avviene anche nella forma più lieve della pagina di giornale già letta e ormai superata, dove la scrittura non è più testo ma diventa micro segno a cui altri segni tracciati dalla mano dell’artista si affiancano e dove le pagine pubblicitarie dei settimanali diventano elemento cromatico da far affiorare sotto l’erosione di una carta e colore da stingere sulla superficie sostituendo l’intervento pittorico tradizionale. Sartelli governa l’uso sapiente del trapano e del flessibile per il piacere della pittura e per restituire profondità e qualità spaziale alla superficie bidimensionale.
Come in anni passati il rarefatto alfabeto di legature in vimini raccolte nelle vigne componevano sulla tela una scrittura sconosciuta ma che rispondeva a proprie limpide leggi, così ora la teoria di abrasioni e piccole increspature delle carte, i segni minimi e sicuri degli strappi, le libere tracce di colore – dal monocromo alle note accese del rosso e del giallo – danno vita nei palinsesti a fantastiche composizioni di intensa vitalità e raffinato ritmo che restituiscono ancora una volta la grande libertà espressiva di Sartelli e la sua spontanea e insieme colta capacità di lavorare le materie, la sua intima e sapiente facilità di comporre.
Il testo è di Claudia Pedrini ed è pubblicato in Palinsesti. Germano Sartelli, pubblicazione curata dalla Cooperativa ceramica di Imola nel 2003