La Fondazione Cassa di Risparmio di Imola finanzia dal 2019 lavori per l’allestimento del Nuovo Museo Archeologico, sono progetti di studio, apparati multimediali, catalogazioni che affiancano l’impegno della Amministrazione per restituire alla città la sua storia.
Grazie al contributo della Fondazione della Cassa di Risparmio di Imola abbiamo completato un delicato intervento conservativo su preziosi reperti archeologici destinati ad essere esposti nel nuovo Museo archeologico nel complesso di San Domenico.
Quattro tombe villanoviane appartenenti alla necropoli di Pontesanto, recuperate tra il 1999 e il 2000 assieme ad altre sette sepolture e ai resti dell’abitato, ci avevano restituito una serie di oggetti d’uso, alcuni in ceramica, altri in bronzo oppure in osso e ambra.
Il recupero di questi oggetti, rimasti sepolti per 2.700 anni, ha comportato un lungo e oneroso intervento conservativo, capace di farci di nuovo apprezzare le forme originarie e di ipotizzarne l’uso.
Il recupero di tutti i reperti contenuti in una sepoltura, e non solo di quelli più belli o più integri, è fondamentale per capire il significato simbolico che ogni oggetto riveste all’interno dell’importante cerimonia funebre propria della civiltà villanoviana.
Possiamo così ricostruire alcune azioni di questo complesso rituale che prevedeva che, dopo la cremazione del defunto, le ossa venissero inserite in un ossuario mentre la terra di rogo veniva riposta all’interno della cassa lignea.
L’ossuario veniva quindi avvolto in un tessuto chiuso con spille e gli oggetti che componevano il corredo funerario, diversi per uomini e donne e per ruolo sociale, venivano anch’essi deposti nella tomba.
La ricchezza e complessità della società villanoviana traspare anche dai resti del banchetto funebre consumato con piattelli e tazze in ceramica, situle e attingitoi in bronzo ed enigmatici presentatoi il cui uso ancora ci sfugge.
2019
Restauro integrale di quattro tombe villanoviane appartenenti alla necropoli di Pontesanto, recuperate tra il 1999 e il 2000 assieme ad altre sette sepolture e ai resti dell’abitato.
Moltissimi gli oggetti recuperati, vasellame in ceramica per il banchetto, situle e attingitoi in bronzo e gli enigmatici presentatoi, oggetti di ornamento, taluni in ambra e osso. Il recupero degli oggetti ci aiuta a ricostruire il rituale e la simbologia funeraria che lo permea, un modo per comprendere meglio i nostri antenati.
2020
Nel progetto per il nuovo museo si è scelto di dare priorità alla apertura dell’area archeologica affidando ad un prodotto multimediale la comunicazione della sua storia.
Il video dal titolo Qui e allora. Duemila anni di storie in San Domenico ricostruisce i lussuosi ambienti pavimentati a mosaico della fase romana, presenta l’interno di una officina per fusione per la fase medievale, segue la trasformazione in refettorio per l’età moderna e arriva infine a descrivere gli alloggi della cavalleria napoleonica.
Per ricostruire l’ officina rinascimentale si è ricorso ad esperti del settore ed è continuata l’attività di catalogazione dei reperti destinati alla esposizione nella prima sezione del Nuovo Museo corredati da riprese fotografiche.
2021
Nel 2021 le risorse sono state ripartite in due direzioni, la prima rivolta alle sezioni di preistoria e di protostoria del Nuovo Museo, la seconda all’area archeologica della domus del rasoio. Nel primo caso si sono scelti i contesti da affiancare le tombe villanoviane restaurate nel 2020 individuando nella necropoli villanoviana di Montericco e nei reperti provenienti dal territorio i soggetti migliori.
Per il secondo punto valutando che l’area tra 2020 e 2021 è stata interessata da un nuovo intervento di scavo e ripulitura delle superfici, con conseguente emersione di reperti e problematiche da analizzare, si proceduto a uno studio di archeozoologia per le ossa di animali emerse da un contesto forse sacro e allo studio di una piccola necropoli tardo antica costituita da cinque individui. Infine si è affidato a uno studio di architettura la progettazione museografica e allestitiva della “Domus del rasoio”, un prezioso lavoro di sintesi nel raccordare percorsi, reperti, vetrine, apparati comunicativi e impianti tecnologici.
In occasione delle Giornate Europee dell’Archeologia 2021 e 2022, i Musei Civici di Imola e la Soprintendenza Archeologia belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara hanno illustrato i primi risultati dello scavo archeologico e il progetto di allestimento e valorizzazione dell’area archeologica all’interno del complesso conventuale domenicano. Un’anteprima dei risultati scientifici raggiunti da quest’importante campagna di scavi che ha restituito un interessantissimo spaccato di vita della città di Forum Cornelii, dalla sua fondazione fino alla creazione del complesso conventuale.
Per rivedere la conferenza clicca qui
2022
Per il quarto anno consecutivo le risorse sono state destinate alla Domus del rasoio. Nel confidare nella apertura dell’area al prossimo anno (2023) abbiamo dedicato gran parte del finanziamento al completamento del restauro dei mosaici romani già strappati dalla sede originaria nel 2002 e ora a restauro concluso pronti per essere ricollocati.
I mosaici pertinenti a tre diversi ambienti, sono decorati in un caso da un motivo a rombi e negli altri due casi da partiture monocrome in nero e in bianco racchiuse da fasce.
Un’altra parte consistente del finanziamento verrà destinata all’allestimento cui spettano varie voci tra cui quelle riguardanti le vetrine, cinque in tutto e i corpi illuminanti.
Parallelamente ci siamo affidati a professionisti archeologici per definire la cernita dei reperti da esporre e formalizzare con il Ministero la definitiva esposizione dei reperti.
In occasione delle Gea 2022 (Giornate Europee della Archeologia) i Musei Civici di Imola e la Soprintendenza hanno presentato la conferenza L’archeologia racconta: la storia di Forum Cornelii, verso il nuovo museo.
Durante l’incontro è stato dato particolare importanza alla rilettura di due contesti sacri noti da tempo, il tempietto di Pediano e il sacello di Montericco, nuovi studi sottolineano come l’elemento culturale romano risulti influenzato da una realtà multietnica in cui umbri e celti testimoniano la loro presenza nella coroplastica e nella devozione religiosa.
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Nel banner: necropoli villanoviana di Pontesanto, due ciste a cordoni dalla tomba 7 (VII secolo a.C.)
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